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Premessa
Quando si parla di offshore, si intende una gara motonautica interamente corsa in mare aperto, con questo volendola distinguere da quelle che si svolgono in bacini chiusi, come i laghi e le lagune, per esempio. La caratteristica che contraddistingue le barche offshore è la ricerca della massima velocità abbinata ad una carena che consenta di navigare nonostante le onde, le correnti ed il vento, tutte le condizioni cioè che contraddistinguono una competizione in mare aperto.
Va da se’ che le barche offshore fino a ieri erano quasi esclusivamente dei monocarena, ossia barche con uno scafo solo, poiché queste assorbono meglio il moto ondoso. In tempi recenti questa caratteristica s’è un po’ perduta, poiché le gare offshore per motivi mediatici han perso il loro carattere originario e son diventate gare sempre meno marine e sempre più da circuito.
La Miami – Nassau
Se per offshore intendiamo la competizione sportiva in mare aperto, sicuramente dobbiamo andare al 6 maggio 1956, quando un gruppo di appassionati statunitensi con l’hobby della motonautica, volle stabilire chi avesse la barca più veloce sul percorso Miami – Nassau. Una competizione in mare aperto, dalla Florida puntando la barca per 184 miglia verso il largo sino alle Bahamas … Ecco, possiamo dire che quel giorno nacque la motonautica d’altura (ossia l’offshore).
I concorrenti di quella prima edizione furono solo undici e terminarono in otto. Vinse col tempo di 9h e 31 (31,7 km/h di media) Doodle II, uno scafo molto piccolo, un open di 34 piedi della Chris Craft pilotato da Sam Griffith e Dick Bertram.
Alla fine della gara il fasciame sovrapposto di Doodle II era tutto allentato per le sollecitazioni subite ed i colpi ricevuti, ad ogni modo quello fu l’inizio: la gara piacque così tanto che fu replicata gli anni successivi ed ancor oggi è una di quelle classiche offshore che da sola vale un campionato
Le carene a V profondo
Dick Bertram era un broker di Miami, appassionato di vela più che di motonautica, anzi, fu proprio assistendo ad una regata in una giornata di mare mosso che si imbattè in una barca per nulla disturbata dalle onde che in quel momento si frangevano sul campo di gara, e che anzi, teneva il mare con una capacità mai vista.
Al timone di quel prototipo c’era un architetto navale di nome Ray Hunt.
Hunt aveva intuito che facendo proseguire la V della prora delle imbarcazioni per l’intero scafo fino alla poppa, la barca fendeva l’onda anche con mare formato non rimbalzando su di essa, ma tagliandola.
Bertram contattò Hunt con il proposito di portare l’idea del V profondo nelle carene delle imbarcazioni a motore e da quell’incontro nel 1960 nacque Moppie, dal nome della moglie di Bertram, una barca così azzeccata da divenire una leggenda: quella dei motoscafi Bertram con carena Hunt a V profondo, ancor oggi sinonimo di scafi d’altura e fisherman a prova di qualsiasi condizione di mare.
Fabrizio Rebolia