L’UOMO CHE INVENTO’ GLI SPORTYACHTS
Il marchese Filippo Theodoli acquistò il cantiere Magnum Marine da Apeco nel 1976 per 1,5 milioni di dollari e, dopo una fase iniziale in cui vennero replicati i modelli concepiti dal fondatore Don Aronow (i cosiddetti Magnum classici) si ebbe un cambio improvviso di rotta e si avviò il concetto che rese i Magnum famosi in tutto il mondo.
L’idea che ossessionava Filippo Theodoli e sua moglie Katrin era che occorreva creare un prodotto assolutamente nuovo: un superyacht (per lusso, prestazioni, dimensioni, comodità) che però fosse gestibile in totale autonomia dall’armatore, da un equipaggio ridotto o addirittura senza equipaggio!
Un mezzo nuovo, con lo charme e il prestigio di un superyacht, ma con la maneggevolezza e le prestazioni di un runabout, capace di regalare al suo fortunato possessore incredibili viaggi sul filo dei 50 nodi attraverso il Mediterraneo, verso la Sardegna, la Corsica o le altre isole o destinazioni alla moda, senza problemi di autonomia, velocità, lusso, gestione e maneggevolezza.
Per fare questo l’idea vincente fu quella di coniugare la miglior tecnica disponibile sul mercato, con il lusso più sfrenato, passando per un ingigantimento delle forme perfette dei runabout.
I PARTNER COINVOLTI NEL PROGETTO MAGNUM 63′
Per arrivare ai Magnum così come li conosciamo oggi, fondamentale fu ovviamente la carena dei Magnum di Aronow, ossia una carena Wynne che venne pantografata e ingigantita.
Oltre che all’accrescimento dimensionale, l’idea vincente fu quella di utilizzare soprattutto motori diesel marinizzati ad alte prestazioni (motori con cui Magnum Maltese 63′ vinse 2 titoli Offshore e la Miami-Nassau-Miami del 1987).
Decisivo fu poi l’incontro con i due parter tecnici che diedero le caratteristiche uniche ai Magnum:
ossia Phil Rolla, produttore delle migliori eliche al mondo e Howard Arneson, che convinse Theodoli a dotare i Magnum del sistema di trasmissione Arneson surface drive, che permetteva di sfruttare al meglio e in alta velocità le eliche Rolla a prescindere dalle condizioni del mare, dell’assetto della barca e addirittura nelle acque poco profonde delle lagune caraibiche.
Quando il Magnum 63′ Pininfarina fu presentato al pubblico nel 1983 fu uno choc: nessuno aveva avuto mai il coraggio di spingersi così a fondo nel gigantismo dei motoscafi da competizione, si era alla fine arrivati ad “una nave che sembrava un motoscafo” o a un “motoscafo grande come una nave”, a seconda delle interpretazioni.
Ma ormai la strada era tracciata e da quel giorno non si contano le imitazioni di quel capolavoro che navigano nei mari caldi di tutto il mondo, oggetto del desiderio per la clientela più esclusiva della terra: dal re Juan Carlos di Borbone, all’emiro del Bahrein, al re di Svezia, al sultano del Brunei, alla famiglia Onassis, agli Agnelli, ai Berlusconi.
Una curiosità: i Magnum sono anche tra le barche più apprezzate dai Narcos Colombiani per la loro proverbiale capacità di navigare ad alta velocità tra le onde del mare in tempesta, fendendole come un jet di linea durante una turbolenza, quando gli altri motoscafi ad alte prestazioni sono costretti a rimanere agli ormeggi.
Il PALMARES
Il Magnum 63′ vinse due titoli mondiali (1986 e 1987) e soprattutto una terribile edizione della Miami-Nassau-Miami nel 1987:
praticamente l’edizione evocativa (il Sam Griffith Trophy) della prima vera gara di offshore ma con il percorso raddoppiato rispetto ad allora.
Quella di quell’anno fu una terribile edizione, caratterizzata dalle condizioni di mare proibitive, al punto tale che il marchese Filippo Theodoli (all’età di 67 anni) e il suo numeroso equipaggio furono gli unici (…) ad arrivare al traguardo di Miami con Magnum General’s Titan dopo un’estenuante cavalcata di 7 ore e 28′.
EPILOGO
Filippo Theodoli ci ha lasciati nel 1990, da allora la gestione del cantiere è passata nelle mani di sua moglie Katrin che ha infuso infinite energie in quella meravigliosa avventura, continuando ancor oggi a regalarci quelle che per molti sono le più belle barche del mondo_
Fabrizio Rebolia